Biagio Conte nasce a Palermo nel 1963 in una famiglia benestante. Da ragazzo vive negli agi e nella spensieratezza tipica di molti giovani della sua generazione cresciuti nell’opulenza della società consumista.
Quando Biagio ha vent’anni, Palermo è una città infernale. Il sangue degli innocenti (e dei colpevoli) scorre nelle strade come un fiume in piena, in una spirale di violenza che non sembra avere mai fine. Le ingiustizie a cui assiste ogni giorno, il vuoto esistenziale, l’assenza di moralità, la mancanza di un qualsiasi rapporto con la natura, fanno precipitare Biagio in una crisi di coscienza sempre più acuta. Si chiude in se stesso, in preda a una forma estrema di malessere di cui non riesce ad afferrare il senso: Dio è lontano e la vita gli sembra futile. Ma l’istinto della sopravvivenza alla fine ha il sopravvento. Abbandona tutto e tutti, dà via tutto ciò che possiede, e con i soli abiti che indossa, si lascia la città alle spalle e si rifugia nella natura. Per più di un anno vaga per i boschi e per le montagne della Sicilia vivendo da eremita, cibandosi di bacche e erbe e della carità della rara gente che incontra. Poi, un giorno, conosce un pastore che gli affida il suo gregge e gli regala un cane, e così ritrova la libertà: la libertà dai bisogni materiali. Impara che si può vivere con niente, che la vera essenza della vita non è possedere ricchezze, non è accumulare e consumare beni, ma è vivere e gioire dei doni che la natura offre alle sue creature. Nella solitudine più assoluta, nelle lunghe giornate passate a pascolare le pecore, nelle notti stellate, quando infuria la tempesta e quando spunta benefico il sole, Biagio impara a guardare verso il cielo e a dialogare con Dio. Il figlio del pastore gli regala il libro di Hermann Hesse sulla vita di San Francesco. Per lui è come una illuminazione. Decide così di compiere un viaggio, a piedi, fino ad Assisi. Durante il viaggio incontra barboni, zingari, carcerati ed emarginati di ogni genere. E questa umanità dolente, lo avvicina a Francesco e ai suoi insegnamenti, e gli fa scoprire l’amore per gli altri: per chi soffre e ha bisogno di aiuto. Ritorna a Palermo e si ferma alla Stazione dove si raccolgono i cosiddetti barboni. Vive con loro, li aiuta, li lava, mendica per loro un pezzo di pane o un pasto caldo. Riesce a farsi dare un vecchio vagone abbandonato sui binari, e lo trasforma nella sede della sua comunità di senza tetto e dimora. Ma i barboni sono sempre di più. Inoltre, a Palermo, in quegli anni, alle vecchie povertà, si aggiungono i nuovi poveri, i migranti giunti dall’Africa, e il vagone non basta più ad accoglierli tutti. Così, Biagio, occupa un vecchio edificio abbandonato da anni e vi trasferisce i suoi poveri. Biagio è adesso un uomo il cui corpo è minato dalle sofferenze e dalla malattia. Le sue gambe hanno ceduto sotto il peso degli anni e lo costringono a vivere su una sedia a rotelle, ma la sua comunità è cresciuta ed oggi ospita e nutre più di mille persone, tolte dalla strada, dalla miseria e dall’indifferenza di una società che si è costruita i suoi idoli e ha smarrito i suoi valori.
In sala dal 2 febbraio
Regia: Pasquale Scimeca Distribuzione: Arbash Film Cast: Marcello Mazzarella, Vincenzo Albanese,Renato Lenzi, Omar Noto, Doriana La Fauci, Silvia Francese