Abacuc è un uomo che pesa quasi 200 chili. Ossessivo e ripetitivo, è l'"ultimo uomo", forse un superstite: passa il tempo al cimitero, o in parchi tematici dell'Italia in miniatura, quando non girovaga intorno ad architetture utopiche. Riceve telefonate citazionistiche dall'aldiqua e vive una relazione d'amore con un'enigmatica presenza che si rivelerà essere il suo doppio. Abacuc vive in una casa ferroviera con un giardino triangolare tagliato su un lato dal passare incessante dei treni. Non proferisce parola. E` l'attore di se medesimo senza spettatore alcuno. In lui non c'e` lirismo o dramma, ma solo un enorme rigore geometrico e una naturale inclinazione per il grottesco dell'esistente. Le sue giornate sono scandite da passeggiate cimiteriali in cui il cimitero appare l'unico luogo di conforto per proteggersi dalla citta`. Le scarne vicende quotidiane che lo vedono protagonista sono reiterate come un'eterna sinfonia inceppata. E` come se venisse assorbito in un'altra dimensione in cui per qualche attimo si trovera` fuori dal suo cul de sac.