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Nino Di Matteo





Nino Di Matteo, all'anagrafe Antonino Di Matteo (Palermo, 26 aprile 1961), è un magistrato italiano.
Dal 2012 è presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati di Palermo. A causa della sua attività, Di Matteo è sotto scorta dal 1993.


Biografia
Nato a Palermo nel 1961, dopo aver conseguito il diploma di maturità classica presso l’Istituto Gonzaga, si è laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Palermo è entrato in magistratura nel 1991 come sostituto procuratore presso la DDA di Caltanissetta. Divenuto pubblico ministero a Palermo nel 1999, ha iniziato ad indagare sulle stragi di mafia in cui sono stati uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e gli agenti delle rispettive scorte, oltre che sugli omicidi di Rocco Chinnici ed Antonino Saetta; per l'omicidio Chinnici ha rilevato nuovi indizi sulla base dei quali riaprire le indagini e ottenere in processo la condanna anche dei mandanti, riconosciuti in Ignazio e Antonino Salvo, mentre per l'omicidio Saetta otteneva l'irrogazione del primo ergastolo per Totò Riina.

L'attività e le minacce di attentati
Nel corso della sua carriera si è più volte occupato dei rapporti tra cosa nostra ed alti esponenti delle istituzioni. È attualmente impegnato nel processo a carico dell'ex prefetto Mario Mori, in relazione ad ipotesi di reato eventualmente connesse alla trattativa Stato-mafia. Nel corso del processo veniva resa pubblica la minaccia di morte da parte del boss Totò Riina, intercettata dalla magistratura durante una conversazione privata in carcere con un altro recluso: «A questo ci devo far fare la stessa fine degli altri». In seguito alle minacce ricevute Di Matteo è stato sottoposto ad eccezionali misure di sicurezza (compresa l'assegnazione del dispositivo Bomb Jammer), annunciate alla stampa dallo stesso ministro dell'interno Angelino Alfano nel dicembre 2013, elevando il grado di protezione al massimo livello.
Il giudice ha rifiutato però l'uso offertogli di un mezzo blindato Lince, a suo avviso "un carro armato" a tutti gli effetti, non adatto a circolare in un centro abitato.
L'assegnazione del bomb jammer non sarebbe tuttavia stata seguita dall'effettiva disponibilità di un simile accorgimento, secondo il movimento spontaneo di "Scorta Civica", di cui fanno parte cittadini appartenenti a diverse associazioni antimafia che hanno promosso l'iniziativa del presidio permanente di fronte al Palazzo di Giustizia a Palermo (e in diverse altre manifestazioni in varie piazze italiane) proprio per sensibilizzare l'opinione pubblica sui gravi rischi che corrono quotidianamente i PM come Nino Di Matteo.

Il processo per la strage di via d'Amelio
Il primo processo (Borsellino I), derivato dalle dichiarazioni del falso "pentito" Vincenzo Scarantino, ha avuto luogo nella corte d'assise di Caltanissetta presieduta da Renato Di Natale, conclusosi il 26 gennaio 1996, ha condannato all'ergastolo Salvatore Profeta, Giuseppe Orofino e Pietro Scotto e a 18 anni per il collaboratore Vincenzo Scarantino, come richiesta della Procura.
In secondo grado, la corte presieduta da Giovanni Marletta ha confermato l'ergastolo solo per Profeta, invece Orofino è stato condannato per favoreggiamento a nove anni e Scotto è stato assolto. Scarantino aveva già ritrattato le sue accuse. Il processo si conclude dopo tre gradi di giudizio :
Sentenza della corte d'assise di Caltanissetta (26 gennaio 1996)
Sentenza della corte d'assise d'appello di Caltanissetta (23 gennaio 1999)
Ssentenza della Cassazione (18 dicembre 2000).
La sentenza del tribunale nisseno mette fine a una vicenda cominciata il 27 settembre 1992, quando il gruppo investigativo speciale “Falcone-Borsellino” guidato dall’ex capo della mobile di Palermo (e agente del Sisde) Arnaldo La Barbera arresta Salvatore Candura e Vincenzo Scarantino.
All'epoca la Procura di Caltanissetta era composta da:
dr. Gianni Tinebra - Procuratore della Repubblica
dr. Francesco Paolo Giordano - Procuratore della Repubblica Aggiunto
dr. Carmelo Petralia - Sostituto Procuratore della Repubblica.
d.ssa Ilda Boccassini - Sostituto Procuratore della Repubblica.
dr. Fausto Cardella - Sostituto Procuratore della Repubblica.Al processo Borsellino I, faranno seguito il Borsellino II, III e IV. Di quest'ultimo è stata emessa sentenza il 20 aprile 2017 e le motivazioni depositate in data 30 giugno 2018
. Per Vincenzo Scarantino viene dichiarato il non doversi procedere per avvenuta prescrizione.

Vicenda ScarantinoIn base alle rivelazioni di Gaspare Spatuzza i predetti condannati verranno assolti. Sul falso pentito “Vincenzo Scarantino” vengono attribuite al dr. Di Matteo responsabilità che lo stesso smentisce. Ascoltato Dalla Commissione Antimafia ha dichiarato:

Di Matteo, dunque, non ebbe un ruolo nelle indagini del Borsellino I, mentre nel Borsellino II, ha seguito in particolare la fase dibattimentale al termine della quale ha chiesto ed ottenuto per quattro dei sette imputati per strage, successivamente ritenuti estrani alla stessa, l'assoluzione proprio perché accusati dal solo Scarantino.
Diversamente Di Matteo ha seguito dall'inizio delle indagini il processo Borsellino III, conclusosi definitivamente con la condanna di oltre 20 mafiosi tra organizzatori ed esecutori dell'attentato (tra cui compaiono boss come Giuseppe "Piddu" Madonia, Benedetto "Nitto" Santapaola, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Raffaele Ganci, Michelangelo La Barbera, Mariano Agate, Cristoforo Cannella, Filippo Graviano e Domenico Ganci).
Proprio da questo processo emersero per la prima volta le vicende in merito all'accelerazione che portò alla morte del giudice Borsellino oltre che riguardo il possibile coinvolgimento dei cosiddetti "mandanti esterni". È in quel dibattimento, infatti, che il collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi fa i nomi di Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri che verranno indagati, e poi archiviati, sotto gli pseudonimi "Alfa e Beta".
La verità emerse in seguito al pentimento del reale colpevole, Gaspare Spatuzza. La revisione del processo a carico delle 11 persone ingiustamente condannate si concluse nel 2017 con l’assoluzione piena dei 9 ancora in vita.Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso, lanciò dure accuse alla Procura di Caltanissetta, definita «massonica», e ai pm che si occuparono delle indagini, tra cui Gianni Tinebra, Annamaria Palma, Carmelo Petralia e lo stesso Di Matteo.
Le dichiarazioni sulla politica
In relazione alle indagini sulla trattativa tra Stato italiano e Cosa nostra, essendo indagato l'ex senatore ed ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, intercettando le sue utenze telefoniche alla fine del 2011 si venne a registrare anche una o più telefonate da questi intrattenute con l'allora capo dello stato Giorgio Napolitano, verosimilmente ignaro del controllo in corso sull'altro politico. Di Matteo, intervistato da un giornalista, aveva ammesso indirettamente l'esistenza di queste registrazioni, affermando però che non fossero di alcuna utilità processuale e pertanto non sarebbero state utilizzate in dibattimento. Una polemica si accese in ordine alla richiesta del Quirinale di distruggere le registrazioni, che evolse nella sollevazione di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale, presto ammesso e che si sarebbe poi concluso con sentenza di accoglimento delle richieste della presidenza della repubblica, cui seguì nell'aprile 2013 la materiale distruzione dei supporti.
Nell'aprile del 2014 Di Matteo è stato prosciolto in istruttoria dal procedimento in corso presso la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (CSM), aperto nel luglio 2012.
Nel successivo mese di maggio, il medesimo CSM ha diramato una circolare nella quale si prescrive che tutti i nuovi fascicoli d'inchiesta sulla mafia debbono essere affidati esclusivamente a chi fa parte della direzione distrettuale antimafia, e questo non era il caso né di Di Matteo né di altri suoi colleghi.
Nel luglio 2014, in occasione della commemorazione della strage di via D'Amelio, Di Matteo ha espresso considerazioni assai critiche nei confronti di Napolitano, di Silvio Berlusconi e anche di Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri in carica, promotore di alcune importanti trattative politiche con il fondatore di Forza Italia, qualche mese prima condannato alla pena di 4 anni di reclusione per evasione fiscale; la sortita ha provocato immediate reazioni da parte di esponenti politici di Forza Italia, Nuovo Centrodestra e Scelta Civica.

Onorificenze

Note

Bibliografia
Nino Di Matteo, Loris Mazzetti, Assedio alla toga. Un magistrato tra mafia, politica e Stato, Aliberti Editore, 2011. ISBN 978-88-7424-642-7
Nino Di Matteo, Salvo Palazzolo, Collusi. Perché politici, uomini delle istituzioni e manager continuano a trattare con la mafia, BUR Rizzoli Editore, 2015. ISBN 978-88-17-08169-6Voci correlate
Trattativa tra Stato italiano e Cosa nostra
Salvatore Riina
Matteo Messina DenaroAltri progetti

Wikiquote contiene citazioni di o su Nino Di MatteoCollegamenti esterni

"Collusi" di Nino Di Matteo, su Antimafiaduemila.com. URL consultato il 2 giugno 2017.

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