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Klaus Barbie
1913 1991




Nikolaus Barbie detto Klaus (Bad Godesberg, 25 ottobre 1913 – Lione, 25 settembre 1991) è stato un ufficiale e criminale tedesco.
Noto anche con il soprannome di Boia di Lione, fu il comandante della Gestapo nella suddetta città francese durante l'occupazione nazista della Francia. Scampato al processo di Norimberga, dopo la seconda guerra mondiale ha partecipato ad attività di intelligence, lavorando per i servizi segreti americani e nascondendosi, dal 1955, in Bolivia, dove operò attivamente per i servizi boliviani sotto lo pseudonimo di Klaus Altmann, venendo infine arrestato e processato negli anni ottanta.



Biografia
Gli inizi
Nato a Bad Godesberg, attuale sobborgo di Bonn, da genitori insegnanti cattolici, nel 1923 si trasferì a Treviri per frequentare il Friedrich-Wilhelm Gymnasium, per ricongiungersi alla famiglia, nella cittadina della Renania-Palatinato, due anni dopo. Poco dopo perse il padre ed il fratello maggiore.
Nel 1933 si iscrisse alla Gioventù Hitleriana, cui iniziò a dedicare tutto il suo tempo. Disoccupato, lavorò come volontario nel campo di lavoro del partito nello Schleswig-Holstein e nel 1934 si aggregò al movimento di resistenza clandestino che operava nella Renania ancora sotto occupazione militare francese. Nel 1935 entrò a far parte dei Corpi di protezione (Schutzstaffel), le SS, e successivamente impiegato nelle file dell'SD, il servizio segreto nazista.
Il suo primo incarico fu quello di aiuto del capo del partito nazista di Treviri, per poi essere assegnato all'ufficio centrale dell'SD. Nel 1936 venne trasferito all'ufficio dell'SD di Düsseldorf e nel 1937, in quanto membro delle SS, venne iscritto d'ufficio al Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori. Di fatto il suo compito era osservare l'attività dei circoli cittadini che si muovevano intorno alle idee non conformi alla linea del partito nazista; avendo riscosso il consenso dei suoi superiori per il suo operato, venne inviato ad un corso speciale per aspiranti ufficiali a Charlottenberg con l'intento di fargli fare carriera.

Durante la guerra
Le aspettative dei suoi superiori non furono deluse e nel 1940 Barbie ottenne i gradi di Sturmführer (luogotenente) delle SS. Nello stesso anno si sposò con la coetanea Regine Willis (da cui avrà due figli, Klaus e Maria). Venne assegnato all'ufficio dell'SD di Amsterdam, nei Paesi Bassi occupata, dove fu incaricato della deportazione degli ebrei olandesi. Ad Amsterdam si guadagnò ben presto fama di spietato persecutore. Nella città olandese fu protagonista di un episodio in cui dimostrò la sua efferatezza: dopo avere incrociato un venditore di gelati ebreo lo uccise a colpi di pistola in mezzo alla strada perché, a suo giudizio, la vittima non lo aveva salutato con la necessaria deferenza.
Nel 1942 fu trasferito a Lione: divenne il vice del capitano Heinz Hollert, il comandante di una unità speciale (Einsatzkommando) incaricata di stroncare i movimenti di Resistenza francese, e assunse il comando della Sezione IV, la sezione investigativa impegnata nella ricerca degli ebrei. Nominato capo della Gestapo di Lione, con il grado di Hauptsturmführer, equivalente al grado di capitano, si distinse per la deportazione di centinaia di ebrei e la tortura ed eliminazione fisica di altre centinaia di patrioti francesi.
Stabilì il suo quartier generale all'Hôtel Terminus di Lione, che divenne presto il luogo simbolo delle torture della Gestapo nella città: escogitò il sistema di rastrellare a caso i passanti per le strade di Lione, e di torturarli sino a che qualcuno stremato dal dolore non si decideva a rivelare qualche informazione rilevante, qualsiasi informazione, anche basata su una semplice diceria. Scovò quarantaquattro bambini ebrei nascosti in un villaggio di Izieu e li fece deportare nel campo di sterminio di Auschwitz. Il 7 giugno 1943 catturò un membro della Resistenza, René Hardy, e, attraverso le informazioni estortegli con la tortura, riuscì ad arrestare Jean Moulin, uno dei principali capi della Resistenza francese, insieme ad altri due patrioti francesi, Pierre Brossolette e Charles Delestraint.
Nel settembre 1944, in previsione di un'eventuale avanzata degli alleati, bruciò tutti gli archivi della Gestapo di Lione, fece uccidere un centinaio di persone che conoscevano la sua attività ed eliminò ventidue agenti che lavoravano per suo conto e che si erano infiltrati nella Resistenza.
Di ciò che fece Barbie negli ultimi dieci mesi di guerra non si sa nulla, scomparve letteralmente da ogni documento, da ogni archivio, ed anche la sua scheda personale nel registro delle SS non fornisce alcuna informazione.
Illustrazione schematica dei gradi militari di Klaus Barbie

Dopo la guerra
I primi contatti con gli alleati
Nel luglio 1945 il Comando Supremo alleato pubblicò un registro di criminali di guerra da ricercare, il Central Registry of War Criminals and Security Suspects (CROWCASS).

Il registro conteneva 70.000 nominativi, e tra questi compariva un certo Barbier, accusato dai francesi di omicidio di civili e torture ai danni di personale militare.
All'inizio del 1946, il Counter Intelligence Corps, il servizio di controspionaggio dell'esercito statunitense CIC, predecessore dell'attuale Defense Intelligence Agency, ebbe notizia di un gruppo di ex ufficiali delle SS che avevano intenzione di proporsi al governo alleato per collaborare alla lotta contro il comunismo. L'organizzazione aveva base a Marburg, in Assia, e grazie ad un infiltrato gli americani vennero a sapere che il capo era Klaus Barbie, sotto il falso nome di Becker. Soltanto agli inizi del 1947 gli americani riconobbero in Barbie l'ex capo della Gestapo di Lione.
Nel rapporto l'agente suggeriva ai suoi superiori che Barbie poteva essere una buona fonte di informazioni su persone non ancora catturate durante l'operazione Selection Board in più è molto probabile che Barbie sia utile per infiltrarsi nell'organizzazione spionistica sovietica attiva nell'area di occupazione americana in Germania. Il suggerimento non venne accettato dal comando, che ordinò l'immediata cattura di Barbie, il quale riuscì a sfuggire all'arresto rifugiandosi a Memmingen in Baviera.

L'arruolamento
A Memmingen fu casualmente scoperto dall'agente del CIC Robert S. Taylor, il quale comunicò l'arresto al suo superiore, il tenente colonnello Dale Garvey. Sorprendentemente i due ufficiali americani decisero di non arrestare Barbie ma di arruolarlo. Il 18 aprile 1947 Taylor incontrò Barbie a Memmingen. Così, mentre il resto del servizio segreto americano lo cercava, Barbie per un mese lavorò agli ordini di Taylor indagando le attività di gruppi sospettati di essere filosovietici o nostalgici nazisti. Soltanto nel maggio 1947 Taylor si decise a segnalare la situazione al suo comando, ma scrisse ai suoi superiori che il suo valore come informatore è molto più alto di qualsiasi uso se ne possa fare in prigione. Il comando non rispose. Barbie non fu arrestato e Taylor continuò a servirsene.
Nell'ottobre però il tenente colonnello Garvey decise di risolvere la posizione ambigua di Barbie e chiese istruzioni su un eventuale arresto del criminale. In assenza di risposte immediate il 29 ottobre diede l'ordine di arresto. Il comando del CIC si raccomandò che l'ordine di arresto non fosse eseguito e Garvey venne sostituito. Il suo successore, il tenente colonnello Ellington Golden, suggerì che Barbie non fosse arrestato ma semplicemente convocato e interrogato o che almeno si utilizzasse un trattamento di favore nei suoi confronti.

Sotto il comando alleato

Alla fine della lunga serie di interrogatori gli uomini del CIC conclusero che Barbie è pronto a ritornare a Memmingen per riprendere il suo lavoro, veniva giudicato affidabile e a questo proposito si sottolineava che Benché Barbie sostenga di essere un anticomunista, è probabile che la principale ragione che lo spinge a compiere i suoi sforzi e il suo impegno nel lavoro per gli alleati occidentali sia dovuto al desiderio di ottenere la sua personale libertà. Barbie appartiene ad una categoria che può essere arrestata automaticamente ed il suo attuale impiego gli garantisce la libertà personale, di vivere con la sua famiglia, uno stipendio decente, un appartamento e la sicurezza.
Il 10 maggio 1948 Barbie fu autorizzato a riprendere la sua attività a Memmingen. Per quasi un anno lavorò con il compito principale di infiltrarsi tra i comunisti tedeschi. Nel 1949 il comando del CIC ordinò il definitivo sbandamento della struttura di Barbie, che venne trasferito con tutta la famiglia ad Augusta, nella Baviera meridionale controllata dalle forze statunitensi, per continuare ad occuparsi del partito comunista tedesco.
Fin dal 1948 i servizi francesi iniziarono a reclamare Barbie, trovando strenue resistenze nei comandi americani. Il caso arrivò sui banchi dell'Assemblea Nazionale transalpina, le richieste diplomatiche si moltiplicarono, le lettere degli ex partigiani e combattenti tempestarono gli uffici diplomatici americani in Francia. La posizione ufficiale del Dipartimento non mutò: Barbie era irreperibile e lo si stava ricercando attivamente. Mentre tutto ciò accadeva, Barbie continuava tranquillamente a lavorare ad Augusta, a tutti gli effetti operativo alle dipendenze del 66º distaccamento US Army's intelligence arm.

La fuga dall'Europa
La Ratline
Tuttavia il pericolo di essere individuato era incombente. Paradossalmente Barbie era ricercato dall'alto comando americano in Germania e dalla stessa polizia tedesca. Sarebbe bastato un banale incidente, un controllo o un tradimento per farlo cadere nelle mani sbagliate.
Il Distaccamento 66 del CIC che aveva la responsabilità di Barbie e coordinava le operazioni di spionaggio decise che questi doveva uscire dalla Germania. La tecnica era abbastanza semplice: le persone da mettere in salvo venivano trasportate lungo la via del topo, in codice Ratline, gestita da un prete croato, Padre Krunoslav Draganović, che dall'Austria conduceva in Italia e di qui verso il Sud America.

Barbie alias Altmann
Il 12 febbraio nei documenti del CIC comparve per la prima volta il nome Klaus Altmann, che Barbie adotterà per la fuga. Il 14 febbraio il comando del CIC comunicò ad Augusta che Klaus Altmann nei documenti d'espatrio da prepararsi doveva risultare un uomo d'affari residente ad Augusta e diretto a Trieste. Successivamente venne emesso un documento di viaggio temporaneo con il numero di serie 0121454; si trattava di un documento in uso all'epoca per persone di nazionalità incerta od apolidi, quindi di fatto un salvacondotto per l'Italia.

Verso il Sudamerica
A questo punto Barbie fu inserito nella via del topo e la sua gestione passò direttamente a Padre Draganović, il quale lo accolse, e l'11 marzo Barbie continuò, con moglie e figli, il viaggio verso Genova, dove giunse il giorno seguente alloggiando all'Albergo Nazionale, nella centralissima Via Lomellini, a pochi passi dagli approdi del porto genovese, da dove partivano i vapori per l'America.
Barbie si ritrovò tra le mani due documenti di vitale importanza: un permesso di espatrio per la Bolivia e un permesso di viaggio rilasciato dalla Croce Rossa Internazionale. Il permesso di espatrio per la Bolivia indica che Barbie è un meccanico, possiede 850 dollari e in Italia conosce Padre Dragonović. Inoltre, anche un altro prelato, residente in Bolivia, garantiva per lui, Padre Roque Romao, Guardiano della Comunità Francescana di Sacaba. In realtà non si sa molto di questa persona se non che sia stato di fatto il punto terminale della via del topo. Non si esclude né che fosse completamente all'oscuro che il suo nome garantisse l'entrata di un criminale nazista, né che fosse in realtà un nome di comodo.
Il 16 marzo 1951, Barbie si imbarcò a Genova sul piroscafo Corrientes, alla volta di Buenos Aires, sotto la falsa identità di Klaus Altmann, un meccanico originario di Kronstadt, portando con sé la moglie ed i suoi due figli: Maria, nata nel 1941, e Klaus, nato nel 1946. Una volta arrivato in Argentina sarebbe passato successivamente in Bolivia.

In Bolivia
Intelligence e traffici illeciti
Nel 1955 Barbie si trasferì in Bolivia e nel 1957 acquisì la cittadinanza boliviana con le false generalità di Klaus Altmann Hansen. La carriera di Barbie in Bolivia fu caratterizzata da una stretta collaborazione con i governi dittatoriali più sanguinari che quel paese abbia conosciuto. Importante, e secondo alcuni decisivo, il suo contributo per la riuscita del colpo di Stato di Luis García Meza Tejada nel 1980, conosciuto con il nome di Golpe della Cocaina. Secondo la testimonianza di Elio Ciolini, pubblicata su Panorama nel 1982, Barbie, nella sua veste di consigliere per la sicurezza del ministero degli interni boliviano, organizzò il golpe anche con l'aiuto dei neofascisti italiani Delle Chiaie e Pagliai. Per il governo di García Meza, Barbie si incaricò tra l'altro di far pulizia dei piccoli narcotrafficanti per poter controllare meglio il mercato. Il gruppo paramilitare che dirigeva per conto di Garcia Meza, composto da neofascisti e neonazisti di vari paesi, era conosciuto come los novios de la muerte, i fidanzati della morte.
Anteriormente, durante il governo militare di René Barrientos Ortuño, divenne presidente della società statale di navigazione boliviana Transmaritima. All'epoca quella società, ora scomparsa, contava una sola nave che sembra fosse dedita al commercio internazionale illegale di armi. Barbie fu anche nominato consigliere dei servizi segreti boliviani. Secondo alcune fonti potrebbe avere contribuito, come consigliere dei servizi segreti, alla cattura di Che Guevara a La Higuera nel 1967.
La cattura
Nel 1971 il procuratore generale di Monaco di Baviera dichiarò chiuso il dossier Barbie, "per mancanza di prove". Dopo pochi mesi i cacciatori di nazisti Serge e Beate Klarsfeld rintracciarono Barbie, ma il governo boliviano dell'epoca negò l'estradizione. Raggiunto nel suo rifugio boliviano da numerosi giornalisti, Barbie continuò tenacemente a negare di essere il boia di Lione. Solo nel 1972 si decise a gettare la maschera e in un'intervista al giornale Estado do Brasil ammise la sua vera identità. Poco prima del suo arresto, avvenuto per una truffa, Barbie ebbe a dichiarare a La Paz di sentirsi "ormai nell'anticamera della morte" e, poiché egli aveva perduto tutto (suo figlio Klaus era morto in un incidente d'auto e sua moglie era stata uccisa da un tumore), non gli importava più nulla di morire. Due anni dopo così si espresse in un'intervista: Nel 1981 una rivolta militare in Bolivia rovesciò il governo García e, nei successivi 14 mesi, si alternarono altri tre governi militari. Questi, non riuscendo a trovare una soluzione ai gravi problemi economici e sociali del Paese, decisero di riconvocare il Congresso eletto nel 1980. Nell'ottobre 1982 finì definitivamente il periodo dittatoriale e Hernán Siles Zuazo diventò Presidente a seguito di libere elezioni democratiche. Nel 1983 Barbie venne estradato in Francia.
Su Klaus Barbie furono archiviate 85 pagine da parte dell'FBI dal 1972 al 1987. Gli archivi contengono circa 43 memorie. Anche la CIA ed il Dipartimento di Giustizia statunitense erano in possesso di dossier su Barbie. I rapporti rivelavano tra le altre cose che nel 1972 sia l'FBI che il Dipartimento di Giustizia sapevano che Klaus Altmann era realmente Klaus Barbie.Curiosamente Siles Zuazo era Presidente della Bolivia sia nel 1957, quando Barbie acquisì la cittadinanza boliviana, sia nel 1983, al momento della cattura e dell'estradizione.

Il processo e la morte
Il processo nei suoi confronti si celebrò dall'11 maggio 1987 al 4 luglio dello stesso anno e la corte chiese conto a Barbie, oltre all'imputazione generica di crimini contro l'umanità, dei seguenti crimini:

il massacro di 22 ostaggi nello scantinato dell'edificio della Gestapo durante l'estate del 1943;
l'arresto e la tortura di 19 persone durante l'estate del 1943;
il rastrellamento di 86 persone dagli uffici dell'U.G.I.F. (Union Générale des Israélites de France) il 9 febbraio 1943;
la fucilazione di 42 persone (di cui 40 erano ebree) come uccisioni di rappresaglia durante gli anni 1943 e 1944;
la cattura, la tortura e la deportazione degli operai ferroviari di S.N.C.F. il 9 agosto 1944;
la deportazione ad Auschwitz di 650 persone (50% ebrei, 50% partigiani);
la fucilazione di 70 prigionieri del carcere lionese di Montluc-à-Bron il 17 agosto 1944 ed il 20 agosto 1944, dei quali due erano sacerdoti;
l'arresto e la deportazione di 55 ebrei (52 erano bambini) da Izieu.Barbie gestì in modo teatrale il processo sin dal primo giorno: affermò di chiamarsi Klaus Altmann (il suo pseudonimo usato in Bolivia) e formulò la richiesta di essere rilasciato dal processo e di ritornare nella prigione di Saint Joseph, asserendo che l'estradizione fosse tecnicamente illegale; ciò gli fu accordato, ma venne richiamato il 26 maggio per affrontare alcuni dei suoi accusatori, davanti ai quali affermò che non aveva "nulla da dire".
L'avvocato della difesa, Jacques Vergès, aveva fama di attaccare il sistema politico francese, in particolar modo il suo impero coloniale: al processo espose i crimini di guerra commessi dalla Francia sin dal 1945. Molte delle accuse contro Barbie furono quindi ritirate, grazie alla legislazione protettiva verso persone accusate di crimini inerenti a Vichy o all'Algeria Francese. Vergès asserì inoltre che le azioni di Barbie non erano state peggiori di quelle commesse dai colonialisti di tutto il mondo, e che il processo al suo cliente era un caso di persecuzione selettiva. Durante il processo Barbie pronunciò la sua frase più celebre, ovvero: "Quando sarò dinnanzi al trono di Dio verrò giudicato innocente".
Nel pomeriggio del 4 luglio 1987 la Corte del Tribunale di Lione condannò Klaus Barbie all'ergastolo per crimini contro l'umanità. Morì quattro anni dopo, nel carcere di Lione, il 25 settembre 1991, per leucemia.
Note

Bibliografia
Marco Aurelio Rivelli, L'arcivescovo del genocidio. Monsignor Stepinac, il Vaticano e la dittatura ustascia in Croazia, 1941-1945, Kaos Edizioni, 1999, ISBN 88-7953-079-8.
Noam Chomsky, Capire il potere, Tropea, 2002, ISBN 88-438-0393-X.
Noam Chomsky, Il golpe silenzioso. Segreti, bugie, crimini e democrazia, Piemme, 2004, ISBN 88-384-8122-9.
Alexander Cockburn, Jeffrey St.Clair, Il libro nero della polvere bianca - Droga: trafficanti, CIA e stampa, Piemme, 2005, ISBN 88-89091-16-9.
(FR) Alain Finkielkraut, La Mémoire vaine : Du crime contre l'humanité, Gallimard, 1989, ISBN 2-07-071550-7.Cinematografia
Hôtel Terminus, di Marcel Ophüls (1988), vincitore dell'Oscar al miglior documentario (Academy Award for Documentary Feature) - 1989
My Enemy's Enemy (Il nemico del mio nemico - Cia, nazisti e guerra fredda) - Kevin Macdonald (2007)
Il coraggio di non dimenticare (Nazi Hunter: the Beate Klarsfled Story) di Michael Lindsay Hogg, Francia, 1986
La traque (id.) di Laurent Jaoui, Francia, 2007Voci correlate
Responsabili dell'Olocausto
Processo di Norimberga
Resistenza francese
Schutzstaffel
Nazismo
Gestapo
Olocausto
Ratline e ODESSAAltri progetti

Wikiquote contiene citazioni di o su Klaus Barbie
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Klaus BarbieCollegamenti esterni
Klaus Barbie: la fuga di un nazista, su olokaustos.org.
Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti, su senato.it.
(FR) Dossier Barbie de histoire.fr (pdf), su histoire.fr. (archiviato dall'url originale il 16 novembre 2006).
(FR) Sito dedicato ai bambini di Izieu, su izieu.alma.fr.
(EN) Trial of Klaus Barbie, su members.aol.com.
(EN) CIA Files: Investigation of Klaus Barbie, su pavelicpapers.com.
(FR) Klaus Barbie: mémoire juive et éducation, su perso.orange.fr.
(EN) Klaus Barbie and the Unites States Government - A report to the Attorney General of United States (PDF), su usdoj.gov.

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